Il corpo centrale dell’installazione ha come oggetto un modello in scala di Ghardaïa, antica città sita
nella valle del M’zab, in Algeria, realizzato con del couscousc cotto, tipico alimento del Nord
Africa. Gli edifici, configurati come variazioni di semplici forme geometriche cubiformi,
parallelepipede o semisferiche, sono accompagnati da tre stampe digitali attaccate alle pareti che
circondano la scultura: i ritratti dell'architetto svizzero-francese Le Corbusier, dell'architetto
francese Fernand Pouillon e una stampa della valutazione dell'organo consultivo dell'UNESCO
della Valle del M'zab come patrimonio mondiale. L’artista, nato in Francia da genitori algerini,
attraverso l’opera intende rivelare l’influenza dell’Oriente sull’Occidente, ribaltando le più consuete
logiche coloniali. La città di Ghardaïa, che ispirò infatti gli architetti in questione, incarna il
simbolo dello scambio culturale tra l’Algeria e la Francia, denotando una spinta che parte
dall’Africa per arrivare in Europa. Inoltre, molti blocchi abitativi urbani francesi costruiti da Le
Corbusier saranno poi abitati da immigrati nordafricani, altro ironico parallelismo sottolineato da
Attia.